Francesca Centofanti
È un po' di tempo che ho dei pensieri che mi girano per la testa. Molto tempo. Frutto di frasi acchiappate al volo in eucarestia o da catechesi ascoltate correndo tra un piano e l'altro di casa. A volte da parole scritte in qualche chat o sentite in discussioni tra amici. Pensieri che girano e rigirano e ogni tanto fanno capolino, ma che ho lasciati lì, volutamente, a sedimentare, ad infilarsi nelle pieghe del mio terreno come fa la pioggia quando cade. Lentamente, silenziosamente. Senza discuterci. Li ho lasciati scendere senza dargli troppo retta, per metterli alla prova. Perché non tutti i pensieri sono buoni, e non a tutti va dato spazio - infatti di solito quelli non buoni, nell'attesa, evaporano.
Ma loro sono rimasti lì. Impassibili. Senza muoversi. Senza sbiadire. Per giorni, come una continua eco alle mie giornate. E alla fine hanno vinto loro. Gli ho dato voce. Forse perché ieri, ascoltando lo streaming del #monasterowifi - come uno che si attacca alla bombola dell'ossigeno alla ricerca di respiri - ho avuto conferma che lo erano, che erano pensieri buoni. Pensieri senza giudizio, punzecchiati solo da attimi di dolore. La rabbia si mangia l'anima delle persone e il senso di giustizia chiude i cieli sopra le nostre teste. E Dio diventa qualcosa di lontano, un'ombra nelle nostre vite. E si resta soli. Soli, e arrabbiati per qualcosa su cui, il più delle volte, non si ha alcun potere. Qualcosa per cui si sta barattando la presenza confortante di Cristo. È questo uno dei pensieri che da giorni mi ronza nella testa: "non è quello che entra nella bocca che contamina l'uomo, ma quello che esce dalla bocca..." cioè non è ciò che accade fuori di noi che ci rende rabbiosi. Noi rabbiosi lo siamo, a prescindere. E quello che accade fuori di noi lo rende solo manifesto (questa interpretazione probabilmente è scorretta e infondata, ma io so che Dio non si sofferma sulla mia ignoranza, ma la usa, a mio vantaggio). Ieri ci sarei dovuta essere anch'io al Monastero Wifi, a San Pietro. Tre giorni fa c'è stato un imprevisto e ho dovuto disdire. A malincuore, davvero a malincuore. Perché so che stare in mezzo ad un popolo è una grazia, so che dove sono più di due, lì c'è Cristo. Perché so di avere bisogno come il pane di attingere lo Spirito ovunque il Signore mi concede, perché invecchiando peggioro e peggiorando ne ho sempre di più necessità. E allora "santostreaming"! ho passato tutta la giornata incollata al telefono, come quei pulcini che pio pio pio come diceva padre Maurizio Botta cercano chi li sfami. E ho trovato la comunione dei santi. Le parole dei sacerdoti hanno suggellato i pensieri che vagavano nella mia testa, senza meta da un po'. E ho trovato in loro conferma. Ma soprattutto tanta consolazione. E la risposta è stata univoca, chiara: mi salverà solo la preghiera, lo stare incollata a Dio, ad una Parola, a dei fratelli con i quali ci accompagneremo nella strada verso il cielo attraverso una battaglia spirituale senza respiro. Perché si può vincere solo combattendo ("se l'uomo impara a lottare, il demonio non può più niente contro di lui" - dalla catechesi di don Pierangelo Pedretti) Grazie, grazie ai sacerdoti che ieri si sono fatti angeli per me, custodi del mio cuore, grazie per lo streaming (prima volta, dal primo capitolo, minuto per minuto), grazie a chi ha organizzato, grazie per le conferme, grazie allo Spirito Santo che soffia dove vuole. In questo primo link, solo i momenti che hanno parlato dritto al mio cuore, assolutamente soggettivi. Qui, invece, il link dell'incontro per intero - ciascuna catechesi è stata una pioggia di benedizioni.
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