Francesca Centofanti
Sono uscita dalla sala del cinema profondamente spossata. Diciamo che dopo anni che non mi godevo una serata davanti allo schermo, non ho optato per un rientro soft. È come se mi fosse arrivato un cazzotto in pieno stomaco e ora stessi cercando il tempo e il modo per rielaborare il tutto.
Tentando di placare l'animo, ho iniziato a leggere recensioni su recensioni. I critici sono divisi. C'è chi ha già consegnato il premio Oscar a Joaquin Phoenix, chi usa il film come aggancio per rivisitare tutti i Joker dal 1940 ad oggi, chi fa paragoni tra le varie interpretazioni, chi ne parla come un trattato di psichiatria. Chi intuisce spunti terapeutici utili, chi invece la descrive come una pellicola dannosa che dispensa cattiveria gratuitamente e, ancora peggio, la giustifica. Per alcuni un film che manca di quella sana contrapposizione bene - male. Insomma un film antieducativo. Ne ho lette tante di recensioni, ma nessuna è riuscita a dare voce a quello che sto cercando dentro di me. Si proiettano tutte nel protagonista, tutte parlano di Joker, tutte elaborano e codificano solo i suoi comportamenti da psicopatico, solo le sue scelte sbagliate, solo la sua cattiveria. Sulla scena sembra esserci un solo attore: Joker. Solo lui. Io invece mi sono ritrovata catapultata dal primo minuto, senza volerlo, in tutte quelle ombre più o meno oscure che lui incontra in quel paio d'ore. Joker-2019 è inevitabilmente un uomo senza scelta, perché il suo destino cinematografico è già segnato. Ma guardando oltre, Joker è un uomo ferito (come Adamo, dal peccato originale), solo (come lui, cacciato dall'Eden), senza padre (ha rifiutato la paternità di Dio), ma è anche un uomo in cerca della felicità. Un uomo in attesa di un "prossimo" che lo possa finalmente salvare o per lo meno salare. Un uomo che ama come può e che aspetta, come tutti, di essere amato, anche semplicemente nel sorriso di un bambino. Quest'uomo incontra me, il suo prossimo, nel passante che lo denigra, che gli toglie la dignità, perché 'non ti meriti niente, barbone buono a nulla!' Incontra me, nel collega di lavoro che gli fa le scarpe. Incontra me, nell'amica che lo tiene a distanza, perché diverso, strano, incompreso. Incontra me, nel datore di lavoro che, per la fame di onnipotenza e superiorità, lo fa sentire un pizzico davanti al mondo intero. Incontra me, nella madre, incapace di amarlo e di difenderlo fin da bambino, presa solo dalle sue angosce, dai suoi progetti e dal suo egoismo. Incontra me, nel padre, la sua ultima speranza, seppur aleatoria, ma quello che trova, anziché l'abbraccio sognato in un padre ritrovato, è un crudo pugno in faccia. Joker incontra me, il suo prossimo. Ogni giorno. Per le strade, a casa, a lavoro, il suo prossimo. E ogni volta che lo incontro ho sempre, sempre una scelta. Posso scegliere tra un sorriso o un pugno nello stomaco.
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